Silent Books – Libri senza parole

I remember the first time I came across the so called “silent books”: books of images, books without words. It was a few years ago in Dublin, in the house of a couple of good friends, I found open on their coffee table a copy of “The Arrival” by Shaun Tan. I will never forget the sensation of being completely absorbed by this black and white astonishing book, not just for the beauty of its dense images, but mostly for its story, so clear and strong requiring not a single written word.
I immediately felt fascinated by the ability this book had to get the reader into it, not as a sort of voice over, but capable to get you into the space of its characters and allowing this way a totally different level of identification.

We all speak the universal language of images, some symbols can carry different meanings depending on the culture, but, since the dawn of times, most human beings share the innate talent of knowing how to represent, somehow, the world around them and read what is represented by others. The simple observation of the universe provides us with the right tools to give shape to our thoughts and translate images into concepts. This is so powerful and democratic that it can take a political dimension since, through the language of images, we can eradicate all kind of barriers.
A book without words gives everybody a chance to enjoy its content without having the feeling of missing out something. An image often suggests without dictating and it always leaves an open space to be filled with imagination, allowing a more personal and flexible interpretation of the story that tells.

In a moment in History defined by a great deal of movement between countries, by a flourishing of cultural and linguistic exchange, a collection of children’s books in an island which is the landing place for thousands of people moving from one continent to another with just a little more than themselves and their hopes, becomes a meaningful act. An act for a better and more inclusive world.

So yesterday morning I faced the fierce Roman heat of these days to join a friend at Palazzo delle Esposizioni and see together Silent books. Final Destination Lampedusa. The second edition of a project, born in Rome in 2013 thanks to IBBY and a group of editors, and aimed at opening a Library in Lampedusa. The idea is to create a space that could be accessible by all children regardless of where they are coming from and which language they speak. A library where books are silent, words are not needed because the stories are told by the images.
50 books linked by a common thread and by the simple idea that every child has the right to read.
Of the 50 books in display these are the ones that I found more inspiring. The magnificent seven:

The Pool by Ji Hyon Lee
Journey by Aaron Becker
El Lapiz by Paula Bossio
Avant Après by Anne Margot Rammstein and Matthias Aregui
Überall Linien by Jimi Lee
PUU (the tree) by Emmi Jormalainen
The red wheelbarrow by Briony Stewart

In general, I found all of them little self-contained universes in themselves, with no sounds and no words which, among the noise of the communication we are constantly immersed in, represent an invite to a moment of participation, of beauty, of silence, of connection to our inner child.

Ricordo la prima volta che mi sono imbattuta nei cosiddetti “Libri senza parole”, libri senza testo scritto, di sole immagini. Si tratta di qualche anno fa, mentre mi trovavo a Dublino a casa di una coppia di buone amiche e trovai sul tavolino del loro salotto una copia de “L’approdo” di Shaun Tan. Sarà difficile dimenticare la sensazione di “risucchio” vissuto dopo qualche secondo dall’aver afferrato questo incredibile libro in bianco e nero. Incredibile non solo per la bellezza delle sue immagini dense, ma per la sua storia, così forte e chiara da non richiedere la presenza di una singola parola scritta.
Subii immediatamente il fascino dato dalla capacità che questo libro aveva di trasportare il lettore al suo interno e di trasformarlo da voce fuori campo in presenza in grado di condividere lo spazio fisico dei suoi personaggi.

Tutti parliamo il linguaggio universale delle immagini, nonostante alcuni simboli possano assumere significati diversi a seconda della cultura, in linea di massima gli esseri umani condividono da sempre lo stesso talento innato nel saper in qualche modo rappresentare il mondo che li circonda e di saper leggere quello che viene rappresentato dagli altri. La semplice osservazione dell’universo ci fornisce gli strumenti idonei a sintetizzare attraverso una forma il nostro pensiero e a tradurre le immagini in concetti. Questa caratteristica, potente e democratica, può addirittura assumere una dimensione politica poiché consente l’abbattimento di barriere linguistiche e di età. Un libro senza parole fornisce ad ognuno l’opportunità di godere dei suoi contenuti senza avere l’impressione che qualcosa stia andando perso, che non venga afferrato. Un’immagine spesso suggerisce senza dettare e conserva sempre uno spazietto libero da colmare con l’immaginazione, consentendo in questo modo un’interpretazione più personale e flessibile della storia che racconta.
In un momento storico caratterizzato dal gran movimento di popoli e da un fiorente scambio culturale e linguistico, una raccolta di libri per bambini in un’isola che rappresenta l’approdo per migliaia di persone che si muovono tra un continente e l’altro senza possedere che essi stessi e le loro speranze, diventa quindi un atto importante e significativo. Un atto in direzione di un mondo più giusto ed inclusivo.

Sulla scia di un amore per i libri senza parole e per il loro potenziale rivoluzionario, ieri mattina ho quindi affrontato il torrido caldo romano di questi giorni per raggiungere un’amica al Palazzo delle Esposizioni e vedere insieme “Libri senza parole. Destinazione Lampedusa“. La seconda edizione di un progetto, nato proprio a Roma nel 2013 grazie alle sezioni IBBY di paesi lontani e ad un gruppo di editori, il cui obiettivo è quello di aprire una biblioteca a Lampedusa. L’idea è quella di creare uno spazio che sia accessibile a tutti i bambini indipendentemente dalla loro provenienza e dalla lingua che parlano. Una biblioteca in cui i libri sono silenziosi, le parole non sono necessarie perché le storie le raccontano le immagini.
50 libri collegati da un filo sottile e dalla pura e semplice idea che ogni bambino abbia il sacrosanto diritto di leggere.
Dei 50 libri in esposizione, ce ne sono alcuni che ho trovato eccezionali, tra cui (i magnifici 7;)):

La Piscina, Ji Hyon Lee
Journey di Aaron Becker
El Lapiz di Paula Bossio
Avant Après di Anne Margot Rammstein and Matthias Aregui
Überall Linien di Jimi Lee
PUU (the tree) di Emmi Jormalainen
The red wheelbarrow di Briony Stewart

In generale comunque ho trovato in ognuno di loro dei micro-universi con una vita propria, senza suoni né parole ma in grado, nel rumore comunicativo in cui siamo costantemente immersi, di rivolgerci un invito alla fantasia, alla partecipazione, alla bellezza, al silenzio, all’ascolto per qualche attimo del bambino che eravamo e che ancora vive e pulsa sotto lo strato degli anni.